Per decentralizzazione si intende il trasferimento di autorità da un’entità centrale a un sistema più localizzato e “liberale”. Il concetto in sé esiste da un po’ di tempo ed è strettamente collegato all’introduzione di Internet, dove i presupposti per la diffusione delle informazioni era la democratizzazione delle stesse.

Lo storage è definito come la conservazione di dati recuperabili su un computer o un altro sistema elettronico. Lo storage viene utilizzato quotidianamente ogni dispositivo elettronico che utilizziamo. Dall’utilizzo dei floppy disk al “cloud”, lo storage ha fatto molta strada.

Perché decentralizzare lo storage? Quali sono i vantaggi?

Le soluzioni attuali, da Google Drive a Dropbox, funzionano benissimo. Questo è il punto di partenza. Tuttavia, sono cresciute le preoccupazioni sul perché gli utenti vogliano passare da questi sistemi, a causa della natura restrittiva di alcuni servizi e delle notizie più comuni sulle recenti fughe di dati aziendali.

Sono stati diversi i fattori che hanno contribuito alla violazione dei dati, ma tutti hanno un comune denominatore: l’archiviazione su server centrale di tali informazioni. Le violazioni dei dati si verificano da quando è nato il web e le aziende hanno imparato a gestirle, ma è anche emerso che nuove tipologie di infrastrutture potrebbero aiutare a risolvere alcuni problemi, come lo storage decentralizzato.

L’archiviazione decentralizzata è una soluzione potenziale che il mondo Blockchain sta studiando e sviluppando. Si tratta di un sistema che consente di archiviare i propri file senza dover rispondere a grandi silos di dati centralizzati che non minano valori importanti come la privacy e la libertà delle informazioni.

La condivisione di file P2P non è certo una novità. Piattaforme dove più utenti mantenevano copie del file e ne facevano il seed ai partecipanti alla rete esistevano da tempo. Tuttavia, non esistevano meccanismi di incentivi affinché i partecipanti alla rete rimanessero online. Con il Web3 e reti di archiviazione decentralizzate funzionano in modo simile, con una crittografia e una cifratura più avanzate e con l’aggiunta di un meccanismo di incentivazione.

Name service: di cosa si tratta?

Invece delle tradizionali estensioni .com, .net o .org, i nomi di dominio blockchain utilizzano .crypto, .eth, .neo e così via. In termini di funzionamento, presentano alcune somiglianze di base con i DNS tradizionali, in quanto mappano gli indirizzi individuali della blockchain in nomi di dominio leggibili dall’uomo. Tuttavia, invece di puntare a server centralizzati, i domini blockchain utilizzano reti distribuite a livello globale.

In quanto tali, i domini decentralizzati sono rappresentati come asset tokenizzati (NFT) sulla blockchain. A loro volta, sono mappati su altri indirizzi della rete verso i quali gli utenti vengono indirizzati a seconda della loro richiesta. Oltre a rendere gli indirizzi più accessibili, i domini blockchain li unificano.

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